Magenta: il giornalista G. Masperi critico sui messaggi social

Odio social contro gli islamici: “Povera Magenta o poveracci noi?”

Anni e anni fa, esisteva ancora il settimanale Città Oggi e sembra passato un secolo, andai a parlare con il responsabile della primissima associazione culturale islamica nata nel magentino.

Fu a Marcallo con Casone l’incontro che ebbi con un uomo di nazionalità egiziana, perché nella via Verne di quel paese ad amministrazione leghista nacque il primo luogo dove cominciarono a radunarsi gli islamici che vivevano nella nostra zona. Non esistevano i social e le informazioni circolavano solo grazie ai giornali che vendevano parecchio. Fu un piccolo scoop quello che feci perché fui il primo ad intervistare il presidente di una comunità islamica. Dopo gli articoli scoppiò una polemica non indifferente e ricordo che un giorno, durante un incontro tra autorità e i rappresentanti della comunità islamica, quell’uomo egiziano, parecchio in imbarazzo perché si accorse che le autorità avrebbero fatto volentieri a meno della sua presenza e lo avrebbero rispedito subito al suo paese, disse indicandomi: “Io, ad oggi, ho parlato solo con lui. Con nessun altro di voi.

Perché non siete mai venuti a parlare con me? Abbiamo trovato un posto per pregare e adesso che lo usiamo volete che ce ne andiamo”. Quella frase mi fece riflettere perché mi resi conto fin da subito che ci trovavamo di fronte ad un fenomeno sociale non da poco e che ci trovava impreparati. Eravamo completamente spiazzati perché fino al giorno prima gli extracomunitari eravamo abituati a vederli nelle spiagge a vendere pantaloni taroccati e stracci da buttare. Per dirla con volgarità li vedevamo come dei morti di fame e non a lavorare da noi, con noi e come noi. Insomma, o eravamo pronti a mettere da parte i pregiudizi e a imparare a conoscere mondi diversi o ci saremmo trovati in grande difficoltà. Purtroppo temo che, a distanza di tempo ha prevalso la seconda delle mie ipotesi. Gli anni passarono da via Oberdan a Magenta e la chiusura per sfratto di quel capannone. Fino ad arrivare ai giorni nostri. Cos’è cambiato in tutti questi anni rispetto al primo incontro che ebbi con quell’egiziano? È cambiato che le famiglie di quei primi islamici sono diventate parte integrante della nostra comunità. Se all’epoca c’era una certa riottosità da parte loro nel chiedere i diritti e, al primo problema fuggivano nelle retrovie, oggi non è più così. Quelle famiglie di pakistani, marocchini, egiziani eccetera eccetera hanno messo su figli che sono nati nel magentino, che sono andati a scuola e sono diventati grandi. Quei ragazzi si sentono italiani al cento per cento. Ma, e c’è un problema. Arrivano da una cultura molto diversa dalla nostra che vogliono continuare a seguire. La fede islamica continueranno a praticarla, come è giusto che sia e come hanno loro garantito i firmatari della Costituzione. Quindi? Come la mettiamo? I commenti sui social riflettono proprio quello che temevo una ventina di anni fa. Timori che oggi si sono tradotti in frasi che palesano una ignoranza bestiale. Pronunciati spesso da personaggi che hanno una discreta cultura e che svolgono un lavoro nobile. Penso al mio amico dottor Gian Paolo Leoncini, medico Cardiologo che, a fronte di un video postato da Francesco Maria Bienati in cui un tizio forse di origini pakistane ballava concluso il congresso del movimento.

La Nuova Italia, ha commentato con evidente ironia ‘Povera Magenta’, raccogliendo un discreto numero di ‘mi piace’. Ma, caspita, mi chiedo io. Ma cosa ne sai di quell’uomo? Perché non vai a parlare con lui prima di indicarlo come il responsabile dell’imminente decadimento morale e sociale di Magenta? Ed è qui che arriviamo al punto. Parlare con una persona diversa costa fatica. Un giorno lessi la frase di un tizio, di cui non ricordo il nome, che scrisse da qualche parte: “Tra l’essere negro e l’essere gay preferisco essere negro. Perché se nasci negro non lo devi dire a tua madre”. Parliamoci chiaro. Ci vuole coraggio ad affrontare un discorso come questo perché è più semplice trincerarsi nel silenzio. Abbiamo paura a parlare con chi è molto diverso da noi.

Avevamo la stessa paura negli anni ’70 quando arrivarono meridionali a vagonate e adesso siamo coalizzati contro la cultura araba o islamica senza mai avere messo piede in un paese di quelle tradizioni. Per quanto mi riguarda continuerò a dialogare con le culture molto diverse dalla mia. Penso sia giusto così e, per certi versi è anche bello, interessante e anche un po’ divertente. Poi ognuno faccia come gli pare.

Graziano Masperi

Redazione Magenta

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